Le fabbriche

La classe operaia va in paradiso, Elio Petri, 1971

http://www.youtube.com/watch?v=kks8jJP9EeE

La storia della FIAT per immagini, UGC, YouTube

15 Responses to Le fabbriche

  1. Le fabbriche sono un tema che per una mostra sull’unità d’Italia, a Torino, non poteva mancare. Il fenomeno delle fabbriche, soprattutto nel nord Italia ma non solo, è stato senza dubbio un collante sociale determinante per la definizione dell’identità nazionale. Ecco spiegato, ad esempio, perché molte famiglie del nord Italia hanno provenienze geografiche diverse andando indietro di una o due generazioni. La domanda di lavoro crescente nel corso del secolo scorso ha favorito sia gli spostamenti in ambito nazionale sia lo sviluppo di centri abitati intorno alle aree industrializzate. Il fenomeno oggi è contenuto anche perché, in particolare, negli ultimi tre anni le grandi aziende hanno deciso di delocalizzare la produzione oppure hanno dovuto ridimensionarsi per mantenere la competitività. Nonostante la crisi recente, però, i segni del processo iniziato con l’industrializzazione sono concreti e riscontrabili ancora oggi. Anche questo è un segno di identità perché se non ci fosse stata la Fiat, forse, molti torinesi e italiani viventi oggi, non sarebbero mai nati. Ed è anche un patrimonio, un marchio “di fabbrica” – se mi è permesso il gioco di parole – che nel mondo identifica una nazione con le case produttrici di beni di consumo: non solo aziende metalmeccaniche ma anche industria tessile e prodotti alimentari.

  2. veronicamolinari says:

    Sono d’accordo con Emanuele: la presenza delle fabbriche non può mancare in questa mostra dedicata all’Italia (pensiamo già solo alla collocazione prescelta: le Ogr, appunto una fabbrica), in quanto il “processo” di unificazione nazionale e l’industrializzazione del Paese procedono di pari passo. Tuttavia, l’Italia di fine Ottocento, in quest’ottica di modernizzazione, parte in una posizione di netto svantaggio, rispetto ad alcune città industriali d’Europa (come l’Inghilterra, la Francia e la Germania); e solo con Giolitti comincia a “decollare”, acquistandosi un posto di primo piano in alcuni settori, quali la chimica, l’automobile (la Fiat di Torino), l’industria di biciclette ed il cinematografo. Andando avanti, in questa sorta di “inquadramento” storico, mi pare opportuno fare un salto temporale, agli anni ’50 del Novecento, in cui si assiste al cosiddetto “miracolo economico”, considerato il più potente fattore di integrazione nazionale. Ora, facendo riferimento alla situazione attuale, il contesto industriale appare singolare, caratterizzato da un dualismo tra nuove piccole e medie imprese in aumento, con buona flessibilità, rispetto alle grandi imprese, che hanno imboccato la “via del tramonto”.

    Se devo essere sincera però, ho trovato quest’isola tematica un pochino “scarna” (ma, magari mi è sfuggito qualcosa e, in tal caso, attendo vostre delucidazioni!); sono semplicemente esposti alcuni macchinari industriali e, a mio parere, questo poteva essere potenziato: magari attraverso qualche filmato, in quanto ritengo si possa dare un’immagine più “intensa” di questo settore, così importante per l’economia italiana, che è, per diversi ambiti, conosciuto anche all’estero.

  3. beatricemaolucci says:

    Sono pienamente d’accordo con Veronica, manca qualcosa o qualcosa ci è sfuggito.
    Sarebbe stato interessante magari un collegamento tra l’isola tematica sulla partecipazione politica e questa delle fabbriche perchè effettivamente dagli anni ’60 saranno temi strettamente connessi e mi riferisco alle manifestazioni di protesta degli operai.
    Per uqesto motivo qui faccio un collegamento con la famosissima canzone di Paolo Pietrangeli, Contessa, che avrebbe potuto fungere da collegamento o corridoio sonoro tra le due isole.

    Contessa è la vera e propria colonna sonora del ’68 italiano. Pare che Pietrangeli l’abbia scritta ispirandosi a una conversazione ‘intercettata’, in modo del tutto involontario, in un elegante ‘caffè’ di Roma. Diviene negli anni seguenti una canzone popolare nella vera accezione del termine, dalla canzone popolare riprende stile e andamento, nonché l’argomentare che propaganda il parallelismo tra lotte operaie e studentesche.

  4. francescapitera says:

    Sono pienamente d’accordo con i miei compagni. Un’isola dedicata alle fabbriche non poteva mancare, poichè esse hanno contribuito a unire l’Italia e soprattutto gli italiani, oltre ad aver migliorato notevolmente le condizioni di vita di tutti noi.

    E’ significativo quindi il fatto di aver realizzato questa mostra all’interno delle OGR (Officine Grandi Riparazioni), luogo storico della nostra città. Come ha già detto Emanuele, se non ci fosse stato questo sviluppo industriale, in particolare durante gli anni ’50 e ’60 del Novecento, molti di noi (compresa la sottoscritta) non sarebbero mai nati poichè le grandi industrie del Nord hanno accolto e dato lavoro a molte persone provenienti da ogni parte d’Italia (prima tra tutte la Fiat).

    Concordo anche con Veronica, quando dice che – proprio per l’importanza di questo fenomeno – forse bisognava estendere di più quest’area.

    Qui di seguito il link alla foto del pannello informativo dell’isola, che secondo me spiega molto bene questi processi:

  5. stefanoguidotti says:

    Anche io ho un ricordo un po’ vago di quest’area. Le altre sezioni del blog mi hanno subito permesso di localizzare con la memoria la relativa isola tematica; in questo caso, invece, la rievocazione è stata meno immediata. I grandi macchinari sono esposti in una zona che mi è sembrata di passaggio tra un’isola tematica e un’altra: la mia attenzione è stata catturata dall’area successiva dedicata alla mafia, meglio delimitata e contestualizzata.
    Foto macchinari (scarsa illuminazione): https://picasaweb.google.com/lh/photo/3s3hrDpi-HUX5fFPgEsW3srR95g8t9x-uwtPbdpf2qI?feat=directlink
    Come hanno scritto Veronica e Francesca, data l’importanza del tema delle fabbriche e dell’industrializzazione per il nostro Paese, e soprattutto per Torino, si poteva dare maggior spazio a quest’isola tematica. Tuttavia, forse i curatori hanno pensato che la location della mostra potesse già da sola trasmettere il privilegio concesso a questo argomento, seppur in modo più implicito.
    Foto location: https://picasaweb.google.com/lh/photo/nSAaSDMAnYjCGjOe2L5SDcrR95g8t9x-uwtPbdpf2qI?feat=directlink

    È interessante la proposta di Beatrice relativa alla realizzazione di un collegamento tra l’area della partecipazione politica e quella della fabbriche; in effetti le due isole sono contigue, ma si sarebbe potuto creare un legame più esplicito. Le lotte operaie sono state caratterizzate da grande conflittualità, ma allo stesso tempo hanno costituito un processo di aggregazione per raggiungere obiettivi comuni: maggiori diritti sociali. Avrei messo in risalto questo aspetto, dato che Torino è stata una roccaforte del movimento.
    Mi associo al contenuto postato da Beatrice, inserendo un’altra canzone popolare, relativa allo stesso tema: FIGLI DELL’OFFICINA, eseguita dai Modena City Ramblers.
    Link: http://dl.dropbox.com/u/22350019/MCR%20-%20Figli%20dell%27Officina.wma

  6. stefanoramondetti says:

    Di questa sezione ricordo in modo chiaro solamente i grandi macchinari; troppo poco, per una sezione che avrebbe invece a mio parere essere uno dei perni della mostra, non solo per la città ed il luogo in cui si tiene ma per il ruolo che esse hanno avuto nel “plasmare” il popolo italiano. Concordo quindi con quanto espresso dai miei compagni, non so se per la dislocazione o per altri motivi ma secondo me quest’area ha avuto poco spazio, finendo per diventare, come sottolineato da Stefano, una sorta di corridoio di passaggio tra quella sulla partecipazione politica e quella sule mafie.

    • chiararomanelli says:

      Concordo pienamente con il commento di Stefano. Onestamente, dopo qualche settimana dalla visita alla mostra, ci ho messo un po’ a ricordarmi dell’esistenza di quest’isola.
      La scenografia è ben realizzata ma di poco impatto. Ricordo che dovrebbero esserci state delle vetrine ai lati della sala, ma onestamente non sono stata invogliata ad avvicinarmi e darci un’occhiata. Il contrasto con le altre sezioni della mostra, insomma, è molto evidente. Onestamente non riesco a capire se la quasi totale assenza di exibit sia stata una scelta precisa da parte dei curatori o meno, in quanto lo spazio per poterli inserire ci sarebbe stato.

  7. Durante la mia visita al Museo del Risorgimento non ho potuto non notare questa immagine:
    https://picasaweb.google.com/lh/photo/PMv2kPhcpKNNuYZecTzHx1ZROB0AiFE-UMbTYlwpwYA?feat=directlink
    Nella foto si vede un antico attrezzo per la filatura della lana proveniente da Biella, ancora oggi area ricca di attività e industrie tessili. All’epoca del Regno di Savoia era una delle attività principali.

  8. Come sottolineato dai colleghi, in precedenza, servirebbe una maggiore cura in quest’isola. Troppo poco caratterizzante. Credo che la collocazione della mostra e i vari oggetti disposti lungo l’itinerario di visita di “Fare gli italiani” possano complessivamente e in parte compensare una superficialità sottolieata da molti visitatori del nostro gruppo.

  9. silviafrancescacalvi says:

    L’isola è inserita in un contesto connotato dalla presenza di grandi macchinari storici dell’industria metalmeccanica, ideali – come già notato dai compagni – in un ambiente espositivo come quello delle OGR.
    L’installazione principale, il cuore dell’isola, è costituita da quattro grandi orditi di fili di lana e di acciaio che si innalzano fino al soffitto.
    Sulla superficie di questi orditi tessili sono proiettate le immagini dei gesti seriali del lavoro in fabbrica, interrotti di tanto in tanto dall’irrompere da una violenta colata di metallo incandescente.
    I rumori della fabbrica, i ritmi delle macchine, le voci dei racconti dei lavoratori accompagnano la narrazione visiva, regalando al visitatore autentici momenti di “vita in catena di montaggio”.

    Avrei – come unico accorgimento – aggiunto una sezione dedicata alle morti bianche e agli infortuni sul lavoro, argomenti tristemente noti e attuali dopo la nostrana tragedia della ThyssenKrupp.

    Qui il link al trailer di “Morire di lavoro”, 2008: http://www.youtube.com/watch?v=-7dcIOP4uFM&feature=related

  10. valeriavittoriabucelli says:

    L’area tematica dedicata alle fabbriche è sicuramente troppo scarna rispetto all’importanza rivestita dall’industrializzazione nel nostro Paese.
    L’industrializzazione degli anni Cinquanta e Sessanta ha causato le migrazioni interne al nostro Stato e ha portato allo sviluppo del consumismo. Gli oggetti raccolti nell’area dedicata ai “Consumi” possono, almeno in parte, compensare i limiti della zona destinata alle “Fabbriche”.

    Avrei integrato in questa zona un’area dedicata alla crisi economica che sta colpendo il nostro Paese negli ultimi anni: sempre più fabbriche italiane stanno fallendo o stanno delocalizzando la produzione all’estero, portando al licenziamento dei dipendenti.

    Oltre ai macchinari dell’industria metalmeccanica, mi sarebbe piaciuto vedere esposte attrezzature dell’industria tessile e di quella alimentare.

  11. danielepilato says:

    Non sono d’accordo stavolta con i commenti precedenti: credo che le Fabbriche siano un tema abbastanza generico (così come capitato per altre isole) e non caratterizzino così tanto l’Italia, per quanto siano state importanti. L’evoluzione delle industrie e i movimenti operai sono stati molto importanti anche per altre nazioni; è ovvio che noi torinesi lo sentiamo molto vicino avendo sul territorio l’emblema delle fabbriche italiane, la FIAT, però credo che ci siano tante regioni italiane che magari non hanno mai avuto contatti così diretti e decisivi con una o più industrie.
    Per questi motivi, forse, l’isola tematica Le Fabbriche è molto piccola e scarna, ridotta a un semplice corridoio, corredato da macchinari abbastanza anonimi e teli con proiezioni poco chiare. Per come è stata realizzata, era totalmente trascurabile.
    In tema con i problemi sollevati da Emanuele, Silvia e Valeria vorrei proporvi una canzone di Caparezza dal titolo Eroe: la canzone parla inizialmente di un muratore ma poi si allarga anche agli operai delle fabbriche, alle morti sul lavoro e alla perdita del posto. Un inno alle vite semplici ma importanti di tanti lavoratori italiani.
    Una citazione importante, sia per l’isola che per la canzone, va alla Festa del Primo Maggio e al grande concerto che si tiene ogni anno in Piazza San Giovanni a Roma: una tradizione tutta italiana che viene difesa con orgoglio e riscuote ogni anno grande successo.
    Eroe è tratta dal concertone del 2008 e Caparezza indossa una maglietta con scritto “La classe operaia va all’inferno”, citazione del video postato per quest’isola, storpiato per denunciare le morti bianche.

  12. Susanna Aruga says:

    Faccio una gran fatica a ricordare quello che caratterizza quest’area, il tema è senza dubbio importante per il nostro Paese e per Torino – nonchè per la location espositiva scelta – ma forse ci si è un po’ persi. Ricordo solo dei grandi macchinari e null’altro. Peccato, so così poco di questo mondo (a parte i vecchi ricordi del nonno) che forse sarebbe stato interessante per me approfondirlo maggiormente.
    La tematica mi ricorda comunque la scena più famosa di Tempi Moderni di Charlie Chaplin:

  13. Rispondo a Daniele riprendendo il senso del mio commento. Secondo me la presenza di fabbriche al nord o in alcune aree precise dello “stivale” ha comportato lo svuotamento di città e piccole comunità. Numerose interviste che ho avuto modo di fare su questo fenomeno migratorio mi hanno confermato che dove la popolazione si spostava quella locale si limitava inevitabilmente a bambini, donne e anziani: meno adatti fisicamente di giovani e adulti a lavorare la terra, allevare bestiame o a svolgere lavori pesanti.

  14. lorenzovalle88 says:

    Mi associo a Daniele, le fabbriche sono un argomento troppo ampio e diffuso per essere indicato come caratteristico dell’Italia. Le trasformazioni della seconda età industriale hanno sì mutato vite e costumi degli italiani, ma non tanto quanto in altri paesi europei e americani. E vaga è anche la loro trattazione nella mostra: concordo con chi ha criticato la pochezza del materiale esposto, ovvero macchinari indecifrabili e proiezioni su tela con rumori vari. I racconti degli operai e le belle foto presenti nelle teche (http://i2.photobucket.com/albums/y24/ScizLor/P1070460.jpg) aggungono un tocco di umanità alla sezione, che nonostante il buon valore scenico dell’allestimento non riesce però a essere, nel complesso, sufficientemente interessante né esaustiva.

    Un brano dei torinesi Statuto sulla difficile vita in fabbrica:

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