Ho trovato molto interessante ed d’effetto la scelta di mostrare la Prima Guerra mondiale attraverso le lettere dei soldati mandati al fronte. Il modo in cui la sezione è stata strutturata ha l’intento (presumo) di mostrare al visitatore come i soldati sul fronte fossero gente come noi, con i loro affetti e bisogni quotidiani, e che improvvisamente si è ritrovata nel mezzo di una guerra.
Tutavia non ho molto capito la scelta di mettere dei binocoli tra una trincea e l’altra. Vista la natura multimediale e interattiva della mostra, a me come ad altri visitatori è venuto naturale provare a guardarci attraverso, solo per scoprire che rimandavano ad immagini statiche di foglie.
Forse sarebbe stato meglio utilizzare anche questi strumenti per arricchire la mostra, con per esempio fotografie d’epoca o video.
SOLDATI, di Giuseppe Ungaretti
Si sta come
D’autunno
Sugli alberi
Le foglie
Soldati è una poesia di Giuseppe Ungaretti, dall’opera L’Allegria. È stata scritta nel 1918, dal poeta soldato in trincea, verso la fine della Grande Guerra nel bosco di Courton, e il suo titolo originario era Militari. La precarietà della vita dei soldati è come quella delle foglie di autunno: con un filo di vento esse possono staccarsi e scomparire, così come può spezzarsi all’improvviso l’esistenza degli uomini.
La scelta di riprodurre l’ambiente della guerra a grandezza naturale, credo sia una delle migliori che si possano fare in una mostra dove il tema viene affrontato. In particolar modo qui vediamo riprodotte le trincee comprensive di effetti sonori direi realistici (ho avuto un sobbalzo entrando in una di esse dato che appena toccato il suolo con il mio piede ho sentito il rumore fortissimo dell scoppio di una bomba che mi riempiva le orecchie e produceva un certo tipo di vibrazione poco piacevole), accompagnati da voci (nell’atto di leggere/scrivere lettere) che raccontavano con parole semplici l’esperienza del periodo bellico ai propri cari lontani.
Concordo con Chiara per quel che riguarda i binocoli, veniva naturale dare loro un’occhiata sperando di trovarvi qualcosa, ma le aspettative sono state in realtà disattese.
Dopo aver visitato la mostra, ho avuto modo di riflettere su questa sezione e le mie peregrinazioni mentali sono andate verso due pensieri particolari, riguardanti entrambi fatti concreti legati al periodo bellico:
1. Il Museo della Grande Guerra in Trentino Alto Adige (di cui inserisco il link al sito web ufficiale http://www.trentinograndeguerra.it) che prevede un percorso di visita sulle vie delle trincee tra le montagne trentine.
2. La mostra temporanea che ha avuto luogo al Museo Diffuso della Resistenza tra il 2/12/04 ed il 20/3/05 dedicata all’insurrezione di Varsavia del 1944 che ho avuto il piacere di visitare ormai qualche anno fa. In questa mostra (ecco due link utili: http://www.museodiffusotorino.it/focus_evento.aspx?id=479http://www.museodiffusotorino.it/galleria.aspx?gallery=33) per rendere maggiormente veritiera l’esposizione erano stati ricostruiti letteralmente dei cunicoli sotteranei fognari in cui i dissidenti al regime si nascondevano e spostavano e alcuni stralci di città distrutti daibombardamenti.
Entrambi gli esempi citati (ma anche l’area della Prima Guerra Mondiale alle OGR) hanno un minimo comun denominatore molto importante: vogliono fornire ai propri visitatori la possibilità di rendersi conto in qualche modo fisicamente di cosa può succedere, di come ci si possa sentire in certe sitazioni.
Ho apprezzato il commento di Chiara e la scelta di inserire la poesia di Ungaretti che, oltre ad essere in tema con le immagini della mostra, rende l’idea – quasi ironicamente – della diffusa delusione del visitatore nel vedere delle semplici immagini di foglie. Credo, in realtà, che si tratti di immagini provvisorie.
Sicuramente la ricostruzione delle trincee crea un netto distacco dalle isole precedenti e sta quasi a significare l’avvertimento concreto che, nel percorso di visita, si è giunti alla prima grande guerra che investì l’Italia e il mondo
In effetti hai ragione Emanuele, forse l’idea è proprio questa: cambiare il tipo di allestimento per dire che da quel momento in poi le cose sono cambiate, non ci avevo pensato!
Cos’altro se non la riproduzione di uno scorcio di trincea per rappresentare quella che fu ridefinita anche “la Guerra di Trincea”? L’allestimento risulta così molto iconico, ma non mi ha entusiasmato, perché la ricostruzione è troppo artificiale. Una maggior cura dell’ambientazione avrebbe reso più suggestiva e realistica la trincea, riuscendo nell’intento di cui parlava Susanna: trasmettere la fisicità di quelle condizioni di vita.
Inoltre, mi spiace non essere entrato nella trincea e non aver sentito i rumori di guerra: probabilmente sarebbe stato più coinvolgente.
Secondo me, l’area risulta poco attinente alla scelta tematica della mostra, perché non contiene riferimenti diretti all’Italia. Mi vengono in mente due eventi altamente rappresentativi: la disfatta di Caporetto e i fatti relativi alla battaglia del Sostizio, dai quali nacquero la leggenda del Piave e la relativa canzone. Sarebbe stato interessante cercare di sviluppare questi due avvenimenti, attraverso una strategia di comunicazione multimediale. Ad esempio, un sottofondo sonoro con la “Canzone del Piave” poteva essere uno degli elementi da inserire. Propongo il link al sito del Museo di Caporetto, in Slovenia: http://www.kobariski-muzej.si/?lng=ita.
Sarebbe più coerente un allestimento che riuscisse a trasmettere il modo in cui la popolazione italiana ha vissuto la guerra. Non viene messa in risalto la Grande Guerra come prima esperienza collettiva per l’Italia: quest’isola tematica resta ai margini delle macrocategorie Inclusione/Esclusione, trasversali alla mostra nell’intento dei curatori.
Cercando su Youtube, ho trovato un video, a cura della redazione di “Focus Storia”, che mostra un’artigianale intervista a due reduci della Prima Guerra Mondiale. Avrei voluto vedere dei contenuti di questo tipo.
Ho sempre trovato toccanti e coinvolgenti i racconti degli anziani che hanno vissuto i terribili anni delle guerre, perché mi fa riflettere su quanto sia facile la nostra vita rispetto a quel periodo. Allo stesso tempo, penso a come siamo legati a quelle sofferenze da un filo conduttore che ha contribuito a “fare gli italiani” e che continuerà a farlo.
Infine, avrei ampliato l’area dando maggior spazio al primo dopoguerra: fase decisiva nella nostra Storia, data la grande crisi economica e sociale che ha segnato il Paese, lasciando via libera alla nascita del Fascismo.
« 4 novembre 1918, ore 12
La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S. M. il Re Duce Supremo, l’Esercito italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.[…]
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo, risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza[…].
Diaz »
(Dal comunicato del Comando Supremo “Bollettino della Vittoria”)
Sono d’accordo con Stefano: quest’isola non mi ha entusiasmata perchè l’ho trovata troppo artificiale e non direttamente collegata alla storia italiana.
Purtroppo i binocoli non li ho notati, ma anch’io avrei inserito qualcosa che ricordasse fenomeni prettamente italiani avvenuti durante la Grande Guerra (la disfatta di Caporetto per esempio), come documenti ufficiali, testimonianze di chi è sopravvissuto alla guerra, oggetti personali utilizzati in trincea, etc.
La “leggenda del Piave”, meglio conosciuta come la “canzone del Piave”, è una delle più celebri canzoni patriottiche italiane. Il brano fu scritto nel 1918 dal maestro Ermete Giovanni Gaeta (noto con lo pseudonimo di E.A. Mario), il quale rinunciò ai diritti d’autore sulla canzone.
« Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l’esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S’udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l’onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: “Non passa lo straniero!”
Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento
e il Piave udiva l’ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
poiché il nemico irruppe a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i suoi ponti.
S’udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l’onde.
Come un singhiozzo in quell’autunno nero
il Piave mormorò: “Ritorna lo straniero!”
E ritornò il nemico per l’orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
“No”, disse il Piave, “no”, dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l’onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: “Indietro va’, o straniero!”
Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l’ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l’italico valore
le forche e l’armi dell’Impiccatore!
Sicure l’Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l’onde.
Sul patrio suolo vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri! »
(Prima pagina del “Corriere della Sera” del 24 maggio 1915)
Arrivata in quest’area della mostra, il mio primo istinto è stato quello di entrare nelle trincee. Appena ho varcato la soglia, ho sentito un forte rumore di bomba che scoppia che mi ha spiazzata: non mi aspettavo una tale precisione nel ricostruire l’ambiente di guerra.
Anch’io, come Chiara e Susanna, ho guardato nei binocoli, nella convinzione di trovare immagini relative al conflitto, ma le mie aspettative sono state disattese.
L’allestimento dedicato alla Prima guerra mondiale non mi ha entusiasmata particolarmente. Accanto alla riproduzione della trincea, avrei aggiunto altri riferimenti alle battaglie combattute in Italia. Anch’io, come Stefano, avrei dedicato più attenzione alla disfatta di Caporetto.
Avrei inoltre dedicato una parte dell’area alle nuove scoperte tecnologiche che hanno differenziato la Prima guerra mondiale dai conflitti precedenti (mitragliatrici, gas tossici, lanciafiamme, carri armati).
Nello spazio che collega l’area dedicata alla Prima Guerra Mondiale e quella dedicata alla Seconda Guerra Mondiale, avrei allestito un’isola tematica dedicata esclusivamente al Fascismo e alle cause che hanno portato alla creazione di questa dittatura.
A mio parere non era l’intento dell’area quello di dare una rappresentazione fedele degli avvenimenti della prima guerra mondiale. Per questo motivo, a differenza di quanto riferito da Valeria, non considererei pertinente l’inserimento nello spazio di riferimenti riguardo le scoperte teconogiche dell’epoca e della disfatta di Caporetto.
Infatti la prima cosa che mi ha colpito appena mi sono avvicinata è stata la scelta di utilizzare i sacchi della posta per la costruzione delle trincee. Secondo me l’intera area tematica è da vedersi sotto questa prospettiva: per la prima volta gli italiani, i quali sono stati obbligati ad abbandonare le proprie case, hanno sentito il bisogno di comunicare con i propri cari, e lo hanno fatto attraverso le lettere.
Ancora una volta i curatori della mostra hanno deciso di non dare una rappresentazione banale degli avvenimenti che abbiamo tanto studiato nei libri di storia, ma hanno optato per un’interpretazione maggiormente legata all’emotività. La storia non ci viene presentata come una successione di date, ma di eventi che hanno cambiato profondamente l’animo e l’identità degli italiani.
Arrivati a quest’isola, ciò che colpisce è sicuramente l’ambientazione toccante, a “grandezza naturale”, che “catapulta” il visitatore in quella che era la “realtà quotidiana” dei molti soldati sul fronte; tutto ciò è reso abilmente, grazie alla presenza di numerosi effetti sonori decisamente realistici. A mio parere però, oltre a questo, la sezione non offre altro nel caso specifico italiano, in quanto, come ha già detto Stefano, non vi sono riferimenti diretti all’Italia. Dal momento che la Grande Guerra è stata la prima esperienza collettiva italiana, forse, sarebbe stato opportuno prestare maggiore attenzione ad alcuni avvenimenti, come appunto la disfatta di Caporetto, che ha visto la nostra Nazione tragicamente coinvolta.
Ho trovato molto appropriato lo spazio che, a partire da Chiara, è stato dedicato a Giuseppe Ungaretti, poeta-soldato, che, proprio per la sua diretta partecipazione al conflitto, “racconta”, nelle sue poesie, il triste “contatto quotidiano” con la violenza, con la morte, con l’odio che, purtroppo, ha accompagnato l’esistenza di molti uomini italiani e non solo. Continuando su questo “filone”, vorrei inserire un altro componimento di Ungaretti, “Veglia”, tratto sempre dalla raccolta “L’Allegria”, dedicata appunto ai temi di guerra.
VEGLIA
Un’intera nottata
Buttato vicino
A un compagno
Massacrato
Con la bocca
Digrignata
Volta al plenilunio
Con la congestione
Delle sue mani
Penetrata
Nel mio silenzio
Ho scritto
Lettere piene d’amore
Non sono mai stato
Tanto
Attaccato alla vita
Questa breve poesia, secondo me, oltre a riassume in pieno gli stati d’animo sopracitati, fa molto di più: suggerisce al lettore una riflessione sull’”umanità/disumanità” della situazione, in quanto, nonostante il contesto terrificante, l’autore trova la forza per scrivere “lettere piene d’amore” e riesce far prevalere, come non mai, il suo attaccamento alla vita.
la Grande Guerra è stata la prima esperienza collettiva degli italiani: per la prima volta, combattenti e civili, adulti e bambini, uomini e donne, contadini e operai, studenti
e professionisti, gente del Nord e del Sud, centri e periferie, tutti sono stati coinvolti. La Prima Guerra mondiale è stata una macchina che ha travolto gli Italiani toccandoli tutti nello stesso modo e nello stesso istante.
Un momento che più di altri ha mobilitato i sentimenti e le attività di quasi la totalità degli Italiani, impegnati insieme dietro alle trincee e coinvolti in una battaglia di massa.
Le lettere dal fronte esposte in questa isola tematica regalano una toccante testimonianza del “lato umano” di una guerra studiata attraverso numeri e nomi sui libri di storia. Allo stesso modo, l’incubo delle bombe, le voci dei soldati, permeano l’ambiente espositivo in maniera più eloquente di qualsiasi didascalia.
Due, gli elementi fondanti di quest’area: lo spazio diviso in due – che riproduce la trincea -e la moltitudine di lettere e cartoline scritte e lette ad audio nello spazio circostante i sacchi postali: la trasposizione di una prima forma di memoria collettiva, scritto da soldati e militari di ogni età e provenienza.
A me l’isola sulla Prima Guerra Mondiale è sembrata interessante perchè immerge il visitatore nelle trincee di guerra, coinvolgendolo con suoni e immagini. Ricreare ancora di più l’ambiente, come qualcuno auspicava nei post precedenti, mi sembra difficile, contando che siamo sempre all’interno di una mostra “corale”. La sensazione che ho provato entrando in quest’isola è stata quasi di paura, di inquietudine nel non sapere cosa mi aspettava e questo dimostra l’efficacia della rievocazione storica.
Sono d’accordo con chi ha consigliato una sezione dedicata al Fascismo che ha influito sulla storia italiana quasi più delle guerre. Se l’Italia e gli italiani di oggi hanno determinate caratteristiche, nel bene o nel male, lo deve anche un po’ al periodo fascista, per niente trascurabile quindi.
Sull’argomento, impossibile non citare il film La Grande Guerra del regista Mario Monicelli del 1959, interpretato da Alberto Sordi e Vittorio Gassman, che racconta, come nessun altro film, la vita in trincea dei soldati italiani, spesso con qualche venatura comica.
Dimenticavo: riguardo all’opera di Boccioni proposta in questo post volevo citare un’opera di Mimmo Paladino esposta in Piazzetta Reale a Milano. Il titolo dell’opera è il medesimo, La città che sale, ma si compone di una montagna di 150 chili di sale da cui escono dei cavalli neri. Così come l’originale di Boccioni rappresentava la visione dell’artista di una Milano in cambiamento, anche l’installazione contemporanea di Paladino rimanda a un’Italia in evoluzione e sancisce l’unione tra nord e sud (l’opera è già stata esposta a Napoli).
Riguardo a questa sezione, l’elemento che ha catalizzato la mia attenzione è stata la trincea: la prima cosa che istintivamente ho fatto è stato entrarvi, senza però sentirmi pienamente coinvolto; in particolare non ho fatto molto caso agli effetti sonori, i quali, trattandosi della riproduzione di un contesto di guerra, avrebbero anche potuto essere più alti del normale, quasi a dare al visitatore lo stesso senso di stordimento vissuto dai soldati (forse però è solo una mia impressione, dato che Susanna per esempio sostiene l’esatto contrario). Oltre a questo, ritengo che una maggiore caratterizzazione dell’ambiente (per esempio con riproduzioni dei vari oggetti che si trovavano normalmente nelle trincee) avrebbe accresciuto notevolmente il coinvolgimento.
Quest’ambientazione, inoltre, mi ha fatto tornare alla mente un bellissimo libro incentrato proprio sulla prima guerra mondiale ed in particolare sulla vita in trincea: “Un anno sull’altipiano” di Emilio Lussu, dal quale è stato successivamente tratto il film “Uomini contro” di Francesco Rosi, del quale consiglio vivamente a tutti la visione.
la scena delle “corazze Farina”
Vicino alla trincea, poi, ho notato i binocoli ed anch’io sono rimasto un po’ deluso dalle immagini proiettate al suo interno: non so se le foglie avessero un significato metaforico che non ho colto o fossero semplicemente, come ipotizzato da Emanuele, provvisorie, in ogni caso mi aspettavo di trovare delle immagini o dei filmati più realistici, grazie ai quali immergermi completamente nell’atmosfera ricreata dalla sezione.
Ho trovato interessanti anche i vari documenti presenti nelle teche, i quali avrebbero sicuramente meritato un’attenzione molto maggiore rispetto alle veloci occhiate con cui li ho “scorsi”.
Trincee di guerra che diventano veri e propri muri tra giovani coetanei con gli stessi pensieri e sentimenti divisi soltanto dalla diversa città di nascita.
Gli stessi muri di esclusione, quelli che sono stati alzati nella storia italiana e non solo (ce ne sono molti esempi ancora oggi) alimentati dal razzismo.
A questo proposito inserisco il collegamento al video del trailer di Concorrenza Sleale di Ettore Scola, un film che alcuni studenti di questo corso hanno visto insieme durante una delle ultime lezioni di Storia del Giornalismo:
Oggi arriva la posta
e domani c’è doppia razione.
Non sai quanto mi costa
aspettare notizie, pregando che siano buone.
Mi hanno dato una nuova coperta
e riusciamo anche a farci un discreto caffè.
Cinque centesimi, un foglio di carta;
sto bene e così spero di te.
Ta-pum…
Stanotte montavo di guardia
e ho visto una stella cadente.
Mi sembra ci fosse una lacrima
sul volto del signor tenente
e i crucchi cantavano piano
a trecento metri da me.
Vorrei che tu fossi vicino;
sto bene e così spero di te.
Ta-pum…
La pioggia mi è entrata nel cuore
scendendo fino agli scarponi,
ma noi non abbiamo timore
dei lampi seguiti dai tuoni.
Ma quando mi sdraio per terra
con tutto quel fango che c’è,
io sogno finisca la guerra;
sto bene e così spero di te.
E sogno una nuova tradotta
riempita di commilitoni,
che mangiano pane e ricotta
e intonano vecchie canzoni.
E nell’ospedale da campo
i feriti che tornano in sé
e io che non sono più stanco,
sto bene e vengo da te.
Ta-pum…
Ti lascio che arriva già il buio
e qui non si vede già più.
Salutami tutti e rispondi,
raccontami come stai tu.
C’è un coro che mormora piano
la più antica canzone che c’è.
Vorrei che tu fossi vicino;
sto bene e così spero di te.
Devo dire di aver apprezzato questa sezione, più evocativa della media. La pur sommaria ricostruzione delle trincee, con tanto di audio e video relativi ai bombardamenti e alle lettere dei soldati, riescono a immergere il visitatore nella giusta atmosfera di inquietudine, quando non angoscia. Niente di meglio di una posa frivola per sdrammatizzare: http://i2.photobucket.com/albums/y24/ScizLor/P1070443.jpg. Scherzi a parte, condivido la delusione riguardo ai binocoli con vista foglie, soprattutto perché non credo si trattasse di una voluta citazione della celebre poesia Ungaretti. Condivido poi l’idea della necessità di una sezione dedicata al fascismo, senza la quale la narrazione della storia italiana risulta inevitabilmente incompleta e carente: il passaggio tra le due sezioni sulle guerre mondiali risulta troppo affrettato. Ho apprezzato le teche contenenti reperti di guerra, come parti d’armi e documenti (tra cui un curioso, ma scarsamente spiegato, “Ricettario di prigionia”: http://i2.photobucket.com/albums/y24/ScizLor/P1070444.jpg).
Tra i vari videogiochi ambientati in questo periodo storico, recentemente mi sono occupato, nelle vesti di giocatore e recensore, del titolo tedesco Supremacy 1914 (http://www.supremacy1914.it), uno strategico gratuito online che sembra piacere molto all’utenza italiana. Il gioco ricrea la situazione geopolitica del 1914 mettendo il giocatore a capo di una nazione europea, americana o africana e incaricandolo di portarla al successo economico e militare. La ricostruzione storica, non perfetta ma abbastanza accurata, è solo la partenza di conflitti ucronici scatenati dai giocatori, ma merita comunque un’occhiata. La mia recensione del gioco si trova sul blog Vasi Comunicanti creato dal mio compagno Daniele, all’indirizzo http://vc-vasicomunicanti.blogspot.com/2011/06/piu-guerra-per-tutti-supremacy-1914.html.
Per quanto mi riguarda, l’isola tematica dedicata alla Grande Guerra rimane la parte più interessante e innovativa dell’intera mostra per diversi motivi. Prima di tutto è l’unica parte che mette radicalmente in gioco il corpo del visitatore : l’interattività non avviene solo su un piano audio-visuale e mediale, ma impone un uso del corpo senza il quale la fruizione dei contenuti non funziona. Se da un lato non si possono scegliere e modificare i contenuti come nel caso dell’isola sulle campagne, costringere il visitatore a piegarsi ed entrare nell’ambiente della trincea sembra produrre un legame intimo con il mezzo audio-visivo che poi anima l’interno della trincea. Infatti è l’unico punto della mostra che assorbe totalmente il visitatore, isolandolo dal contesto generale. Non è tutto: bisogna in questo senso riconoscere che l’uso dell’adio è molto efficace nel creare veri e propri paesaggi sonori tratti dai frammenti di lettere proposte. Mi sembra la seconda grande trovata di questa isola dopo l’uso del corpo : l’esperienza totalizzante del paesaggio sonoro che manca negli altri settori della mostra. Ma un terzo elemento, che però non è di carattere tecnico, è a mio parere decisivo e decisamente unico rispetto a tutto il resto (forse ad eccezione di alcuni frammenti dei brevi filmati dedicati alle vittime della mafia) è la scelta di proporre testimonianze dirette e individuali sul “tema” storico trattato. Andando avanti con la visita mi chiedevo infatti quando e se fosse prima o poi venuta fuori la voce di un italiano, il racconto di un individuo, frammenti di una storia di vita. Sono rimasto un pò deluso infatti da questa “regia” museale molto classica, che non proponeva testimonianze vive, al di qua del quadro istituzionale, dei processi socio-econmici o delle esperienze politiche in generale finché non sono entrato nella trincea e nell’itimità dei significati e dei racconti proposti dalle lettere dal fronte. E’ interessante (ma rimane una riflessione meno museografica) vedere come sia stata la rappresentazione di un momento storico così disumano, cosi critico e traumatico a proporre i contenuti più personali, semplici, intimi. Rimane il fatto che l’esperienza storica della Grande Guerra che fa parte dei fenomeni che hanno unito l’Italia (se ho capito bene la regia della mostra infatti le isole tematiche, diverasamente dalla cronologia a serpente, sono i luoghi in cui si tenta di raccontare e rappresentare i momenti che hanno unito la nazione), attraversato il suo territorio e i suoi confini, è perfettamente resitituito e rappresentato in questa isola fortemente e fisicamente partecipativa, che crea una relazione (AUDIO-visiva e scenografica, anche se l’uso del video è poco spettacolare e meno efficace che in altri settori) molto emotiva con il visitatore.
Devo riconoscere di aver apprezzato particolarmente questa sezione, che a mio avviso è tra quelle maggiormente coinvolgenti ed emozionanti all’interno della mostra; la sensazione che si prova in misura maggiore, come descritto efficacemente nei post precedenti, è di inquietudine e immersione totale nella tematica. Sicuramente la ricostruzione delle trincee e il poterci entrare dentro per ascoltare le lettere dal fronte sono gli elementi che a mio avviso hanno contribuito di più nel ricreare quest’atmosfera. Carina anche l’idea di mettere a disposizione delle radio d’epoca dove si potevano ascoltare, tra l’altro, notizie e discorsi di propaganda.
Alcune mancanze che ho riscontrato sono state l’assenza, in alcuni casi, di indicazioni su quali oggetti fossero delle riproduzioni e quali fossero invece cimeli originali; un’indicazione magari banale, ma che credo andrebbe inserita quantomeno per completezza d’informazione. Inoltre non mi è parso ben chiaro il fatto che i sacchi utilizzati nella ricostruzione delle trincee contenessero delle lettere, quindi forse si poteva esplicitare meglio questa cosa.
Nel complesso mi è sembrata una delle isole tematiche meglio riuscite, sia dal punto di vista emotivo che “informativo”, dopo quella dedicata alle mafie.
Questa sezione è a mio avviso la più interessante e toccante di tutta la mostra. Il fatto di poter entrare nelle trincee ed ascoltare le parole dei soldati mi ha colpita profondamente. Mi sono fermata a lungo ad ascoltare le loro lettere e ho immaginato con tristezza che qualcuno di loro non abbia potuto riabbracciare la mamma, o la moglie, cui chiedeva le calze di lana e un po’ di tabacco. Stesso discorso vale per le lettere inviate da coloro che non vivevano l’orrore della guerra sul campo, ma che sopportavano ogni sorta di privazione in attesa che dal fronte arrivasse qualche buona notizia e magari un piccolo aiuto economico. Mi ha fatta riflettere ancora di più sull’orrore della guerra.
Purtroppo non ho capito che i sacchi contenessero le lettere inviate dal fronte, anche perché l’intera area era praticamente priva di indicazioni; ma nel complesso quest’isola tematica vale la visita all’intera mostra.
Ho trovato molto interessante ed d’effetto la scelta di mostrare la Prima Guerra mondiale attraverso le lettere dei soldati mandati al fronte. Il modo in cui la sezione è stata strutturata ha l’intento (presumo) di mostrare al visitatore come i soldati sul fronte fossero gente come noi, con i loro affetti e bisogni quotidiani, e che improvvisamente si è ritrovata nel mezzo di una guerra.
Tutavia non ho molto capito la scelta di mettere dei binocoli tra una trincea e l’altra. Vista la natura multimediale e interattiva della mostra, a me come ad altri visitatori è venuto naturale provare a guardarci attraverso, solo per scoprire che rimandavano ad immagini statiche di foglie.
Forse sarebbe stato meglio utilizzare anche questi strumenti per arricchire la mostra, con per esempio fotografie d’epoca o video.
SOLDATI, di Giuseppe Ungaretti
Si sta come
D’autunno
Sugli alberi
Le foglie
Soldati è una poesia di Giuseppe Ungaretti, dall’opera L’Allegria. È stata scritta nel 1918, dal poeta soldato in trincea, verso la fine della Grande Guerra nel bosco di Courton, e il suo titolo originario era Militari. La precarietà della vita dei soldati è come quella delle foglie di autunno: con un filo di vento esse possono staccarsi e scomparire, così come può spezzarsi all’improvviso l’esistenza degli uomini.
La scelta di riprodurre l’ambiente della guerra a grandezza naturale, credo sia una delle migliori che si possano fare in una mostra dove il tema viene affrontato. In particolar modo qui vediamo riprodotte le trincee comprensive di effetti sonori direi realistici (ho avuto un sobbalzo entrando in una di esse dato che appena toccato il suolo con il mio piede ho sentito il rumore fortissimo dell scoppio di una bomba che mi riempiva le orecchie e produceva un certo tipo di vibrazione poco piacevole), accompagnati da voci (nell’atto di leggere/scrivere lettere) che raccontavano con parole semplici l’esperienza del periodo bellico ai propri cari lontani.
Concordo con Chiara per quel che riguarda i binocoli, veniva naturale dare loro un’occhiata sperando di trovarvi qualcosa, ma le aspettative sono state in realtà disattese.
Dopo aver visitato la mostra, ho avuto modo di riflettere su questa sezione e le mie peregrinazioni mentali sono andate verso due pensieri particolari, riguardanti entrambi fatti concreti legati al periodo bellico:
1. Il Museo della Grande Guerra in Trentino Alto Adige (di cui inserisco il link al sito web ufficiale http://www.trentinograndeguerra.it) che prevede un percorso di visita sulle vie delle trincee tra le montagne trentine.
2. La mostra temporanea che ha avuto luogo al Museo Diffuso della Resistenza tra il 2/12/04 ed il 20/3/05 dedicata all’insurrezione di Varsavia del 1944 che ho avuto il piacere di visitare ormai qualche anno fa. In questa mostra (ecco due link utili: http://www.museodiffusotorino.it/focus_evento.aspx?id=479 http://www.museodiffusotorino.it/galleria.aspx?gallery=33) per rendere maggiormente veritiera l’esposizione erano stati ricostruiti letteralmente dei cunicoli sotteranei fognari in cui i dissidenti al regime si nascondevano e spostavano e alcuni stralci di città distrutti daibombardamenti.
Entrambi gli esempi citati (ma anche l’area della Prima Guerra Mondiale alle OGR) hanno un minimo comun denominatore molto importante: vogliono fornire ai propri visitatori la possibilità di rendersi conto in qualche modo fisicamente di cosa può succedere, di come ci si possa sentire in certe sitazioni.
Ho apprezzato il commento di Chiara e la scelta di inserire la poesia di Ungaretti che, oltre ad essere in tema con le immagini della mostra, rende l’idea – quasi ironicamente – della diffusa delusione del visitatore nel vedere delle semplici immagini di foglie. Credo, in realtà, che si tratti di immagini provvisorie.
La foto seguente testimonia quanto detto da Susanna sull’attrazione rappresentata dai binocoli:
https://picasaweb.google.com/lh/photo/MBQUHEUBu1Eyxr_WVM_TYNyfYEl0UGB_7gywBsQScBw?feat=directlink
Sicuramente la ricostruzione delle trincee crea un netto distacco dalle isole precedenti e sta quasi a significare l’avvertimento concreto che, nel percorso di visita, si è giunti alla prima grande guerra che investì l’Italia e il mondo
In effetti hai ragione Emanuele, forse l’idea è proprio questa: cambiare il tipo di allestimento per dire che da quel momento in poi le cose sono cambiate, non ci avevo pensato!
Cos’altro se non la riproduzione di uno scorcio di trincea per rappresentare quella che fu ridefinita anche “la Guerra di Trincea”? L’allestimento risulta così molto iconico, ma non mi ha entusiasmato, perché la ricostruzione è troppo artificiale. Una maggior cura dell’ambientazione avrebbe reso più suggestiva e realistica la trincea, riuscendo nell’intento di cui parlava Susanna: trasmettere la fisicità di quelle condizioni di vita.
Inoltre, mi spiace non essere entrato nella trincea e non aver sentito i rumori di guerra: probabilmente sarebbe stato più coinvolgente.
Secondo me, l’area risulta poco attinente alla scelta tematica della mostra, perché non contiene riferimenti diretti all’Italia. Mi vengono in mente due eventi altamente rappresentativi: la disfatta di Caporetto e i fatti relativi alla battaglia del Sostizio, dai quali nacquero la leggenda del Piave e la relativa canzone. Sarebbe stato interessante cercare di sviluppare questi due avvenimenti, attraverso una strategia di comunicazione multimediale. Ad esempio, un sottofondo sonoro con la “Canzone del Piave” poteva essere uno degli elementi da inserire. Propongo il link al sito del Museo di Caporetto, in Slovenia: http://www.kobariski-muzej.si/?lng=ita.
Sarebbe più coerente un allestimento che riuscisse a trasmettere il modo in cui la popolazione italiana ha vissuto la guerra. Non viene messa in risalto la Grande Guerra come prima esperienza collettiva per l’Italia: quest’isola tematica resta ai margini delle macrocategorie Inclusione/Esclusione, trasversali alla mostra nell’intento dei curatori.
Cercando su Youtube, ho trovato un video, a cura della redazione di “Focus Storia”, che mostra un’artigianale intervista a due reduci della Prima Guerra Mondiale. Avrei voluto vedere dei contenuti di questo tipo.
Ho sempre trovato toccanti e coinvolgenti i racconti degli anziani che hanno vissuto i terribili anni delle guerre, perché mi fa riflettere su quanto sia facile la nostra vita rispetto a quel periodo. Allo stesso tempo, penso a come siamo legati a quelle sofferenze da un filo conduttore che ha contribuito a “fare gli italiani” e che continuerà a farlo.
Infine, avrei ampliato l’area dando maggior spazio al primo dopoguerra: fase decisiva nella nostra Storia, data la grande crisi economica e sociale che ha segnato il Paese, lasciando via libera alla nascita del Fascismo.
« 4 novembre 1918, ore 12
La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S. M. il Re Duce Supremo, l’Esercito italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.[…]
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo, risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza[…].
Diaz »
(Dal comunicato del Comando Supremo “Bollettino della Vittoria”)
Sono d’accordo con Stefano: quest’isola non mi ha entusiasmata perchè l’ho trovata troppo artificiale e non direttamente collegata alla storia italiana.
Purtroppo i binocoli non li ho notati, ma anch’io avrei inserito qualcosa che ricordasse fenomeni prettamente italiani avvenuti durante la Grande Guerra (la disfatta di Caporetto per esempio), come documenti ufficiali, testimonianze di chi è sopravvissuto alla guerra, oggetti personali utilizzati in trincea, etc.
La “leggenda del Piave”, meglio conosciuta come la “canzone del Piave”, è una delle più celebri canzoni patriottiche italiane. Il brano fu scritto nel 1918 dal maestro Ermete Giovanni Gaeta (noto con lo pseudonimo di E.A. Mario), il quale rinunciò ai diritti d’autore sulla canzone.
« Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l’esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S’udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l’onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: “Non passa lo straniero!”
Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento
e il Piave udiva l’ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
poiché il nemico irruppe a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i suoi ponti.
S’udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l’onde.
Come un singhiozzo in quell’autunno nero
il Piave mormorò: “Ritorna lo straniero!”
E ritornò il nemico per l’orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
“No”, disse il Piave, “no”, dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l’onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: “Indietro va’, o straniero!”
Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l’ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l’italico valore
le forche e l’armi dell’Impiccatore!
Sicure l’Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l’onde.
Sul patrio suolo vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri! »
(Prima pagina del “Corriere della Sera” del 24 maggio 1915)
Arrivata in quest’area della mostra, il mio primo istinto è stato quello di entrare nelle trincee. Appena ho varcato la soglia, ho sentito un forte rumore di bomba che scoppia che mi ha spiazzata: non mi aspettavo una tale precisione nel ricostruire l’ambiente di guerra.
Anch’io, come Chiara e Susanna, ho guardato nei binocoli, nella convinzione di trovare immagini relative al conflitto, ma le mie aspettative sono state disattese.
L’allestimento dedicato alla Prima guerra mondiale non mi ha entusiasmata particolarmente. Accanto alla riproduzione della trincea, avrei aggiunto altri riferimenti alle battaglie combattute in Italia. Anch’io, come Stefano, avrei dedicato più attenzione alla disfatta di Caporetto.
Avrei inoltre dedicato una parte dell’area alle nuove scoperte tecnologiche che hanno differenziato la Prima guerra mondiale dai conflitti precedenti (mitragliatrici, gas tossici, lanciafiamme, carri armati).
Nello spazio che collega l’area dedicata alla Prima Guerra Mondiale e quella dedicata alla Seconda Guerra Mondiale, avrei allestito un’isola tematica dedicata esclusivamente al Fascismo e alle cause che hanno portato alla creazione di questa dittatura.
A mio parere non era l’intento dell’area quello di dare una rappresentazione fedele degli avvenimenti della prima guerra mondiale. Per questo motivo, a differenza di quanto riferito da Valeria, non considererei pertinente l’inserimento nello spazio di riferimenti riguardo le scoperte teconogiche dell’epoca e della disfatta di Caporetto.
Infatti la prima cosa che mi ha colpito appena mi sono avvicinata è stata la scelta di utilizzare i sacchi della posta per la costruzione delle trincee. Secondo me l’intera area tematica è da vedersi sotto questa prospettiva: per la prima volta gli italiani, i quali sono stati obbligati ad abbandonare le proprie case, hanno sentito il bisogno di comunicare con i propri cari, e lo hanno fatto attraverso le lettere.
Ancora una volta i curatori della mostra hanno deciso di non dare una rappresentazione banale degli avvenimenti che abbiamo tanto studiato nei libri di storia, ma hanno optato per un’interpretazione maggiormente legata all’emotività. La storia non ci viene presentata come una successione di date, ma di eventi che hanno cambiato profondamente l’animo e l’identità degli italiani.
SAN MARTINO DEL CARSO
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
E’ il mio cuore
il paese più straziato
di Giuseppe Ungaretti – Valloncello dell’ Albero Isolato 27 agosto 1916
Arrivati a quest’isola, ciò che colpisce è sicuramente l’ambientazione toccante, a “grandezza naturale”, che “catapulta” il visitatore in quella che era la “realtà quotidiana” dei molti soldati sul fronte; tutto ciò è reso abilmente, grazie alla presenza di numerosi effetti sonori decisamente realistici. A mio parere però, oltre a questo, la sezione non offre altro nel caso specifico italiano, in quanto, come ha già detto Stefano, non vi sono riferimenti diretti all’Italia. Dal momento che la Grande Guerra è stata la prima esperienza collettiva italiana, forse, sarebbe stato opportuno prestare maggiore attenzione ad alcuni avvenimenti, come appunto la disfatta di Caporetto, che ha visto la nostra Nazione tragicamente coinvolta.
Ho trovato molto appropriato lo spazio che, a partire da Chiara, è stato dedicato a Giuseppe Ungaretti, poeta-soldato, che, proprio per la sua diretta partecipazione al conflitto, “racconta”, nelle sue poesie, il triste “contatto quotidiano” con la violenza, con la morte, con l’odio che, purtroppo, ha accompagnato l’esistenza di molti uomini italiani e non solo. Continuando su questo “filone”, vorrei inserire un altro componimento di Ungaretti, “Veglia”, tratto sempre dalla raccolta “L’Allegria”, dedicata appunto ai temi di guerra.
VEGLIA
Un’intera nottata
Buttato vicino
A un compagno
Massacrato
Con la bocca
Digrignata
Volta al plenilunio
Con la congestione
Delle sue mani
Penetrata
Nel mio silenzio
Ho scritto
Lettere piene d’amore
Non sono mai stato
Tanto
Attaccato alla vita
Questa breve poesia, secondo me, oltre a riassume in pieno gli stati d’animo sopracitati, fa molto di più: suggerisce al lettore una riflessione sull’”umanità/disumanità” della situazione, in quanto, nonostante il contesto terrificante, l’autore trova la forza per scrivere “lettere piene d’amore” e riesce far prevalere, come non mai, il suo attaccamento alla vita.
la Grande Guerra è stata la prima esperienza collettiva degli italiani: per la prima volta, combattenti e civili, adulti e bambini, uomini e donne, contadini e operai, studenti
e professionisti, gente del Nord e del Sud, centri e periferie, tutti sono stati coinvolti. La Prima Guerra mondiale è stata una macchina che ha travolto gli Italiani toccandoli tutti nello stesso modo e nello stesso istante.
Un momento che più di altri ha mobilitato i sentimenti e le attività di quasi la totalità degli Italiani, impegnati insieme dietro alle trincee e coinvolti in una battaglia di massa.
Le lettere dal fronte esposte in questa isola tematica regalano una toccante testimonianza del “lato umano” di una guerra studiata attraverso numeri e nomi sui libri di storia. Allo stesso modo, l’incubo delle bombe, le voci dei soldati, permeano l’ambiente espositivo in maniera più eloquente di qualsiasi didascalia.
Due, gli elementi fondanti di quest’area: lo spazio diviso in due – che riproduce la trincea -e la moltitudine di lettere e cartoline scritte e lette ad audio nello spazio circostante i sacchi postali: la trasposizione di una prima forma di memoria collettiva, scritto da soldati e militari di ogni età e provenienza.
A me l’isola sulla Prima Guerra Mondiale è sembrata interessante perchè immerge il visitatore nelle trincee di guerra, coinvolgendolo con suoni e immagini. Ricreare ancora di più l’ambiente, come qualcuno auspicava nei post precedenti, mi sembra difficile, contando che siamo sempre all’interno di una mostra “corale”. La sensazione che ho provato entrando in quest’isola è stata quasi di paura, di inquietudine nel non sapere cosa mi aspettava e questo dimostra l’efficacia della rievocazione storica.
Sono d’accordo con chi ha consigliato una sezione dedicata al Fascismo che ha influito sulla storia italiana quasi più delle guerre. Se l’Italia e gli italiani di oggi hanno determinate caratteristiche, nel bene o nel male, lo deve anche un po’ al periodo fascista, per niente trascurabile quindi.
Sull’argomento, impossibile non citare il film La Grande Guerra del regista Mario Monicelli del 1959, interpretato da Alberto Sordi e Vittorio Gassman, che racconta, come nessun altro film, la vita in trincea dei soldati italiani, spesso con qualche venatura comica.
Dimenticavo: riguardo all’opera di Boccioni proposta in questo post volevo citare un’opera di Mimmo Paladino esposta in Piazzetta Reale a Milano. Il titolo dell’opera è il medesimo, La città che sale, ma si compone di una montagna di 150 chili di sale da cui escono dei cavalli neri. Così come l’originale di Boccioni rappresentava la visione dell’artista di una Milano in cambiamento, anche l’installazione contemporanea di Paladino rimanda a un’Italia in evoluzione e sancisce l’unione tra nord e sud (l’opera è già stata esposta a Napoli).
Riguardo a questa sezione, l’elemento che ha catalizzato la mia attenzione è stata la trincea: la prima cosa che istintivamente ho fatto è stato entrarvi, senza però sentirmi pienamente coinvolto; in particolare non ho fatto molto caso agli effetti sonori, i quali, trattandosi della riproduzione di un contesto di guerra, avrebbero anche potuto essere più alti del normale, quasi a dare al visitatore lo stesso senso di stordimento vissuto dai soldati (forse però è solo una mia impressione, dato che Susanna per esempio sostiene l’esatto contrario). Oltre a questo, ritengo che una maggiore caratterizzazione dell’ambiente (per esempio con riproduzioni dei vari oggetti che si trovavano normalmente nelle trincee) avrebbe accresciuto notevolmente il coinvolgimento.
Quest’ambientazione, inoltre, mi ha fatto tornare alla mente un bellissimo libro incentrato proprio sulla prima guerra mondiale ed in particolare sulla vita in trincea: “Un anno sull’altipiano” di Emilio Lussu, dal quale è stato successivamente tratto il film “Uomini contro” di Francesco Rosi, del quale consiglio vivamente a tutti la visione.
la scena delle “corazze Farina”
Vicino alla trincea, poi, ho notato i binocoli ed anch’io sono rimasto un po’ deluso dalle immagini proiettate al suo interno: non so se le foglie avessero un significato metaforico che non ho colto o fossero semplicemente, come ipotizzato da Emanuele, provvisorie, in ogni caso mi aspettavo di trovare delle immagini o dei filmati più realistici, grazie ai quali immergermi completamente nell’atmosfera ricreata dalla sezione.
Ho trovato interessanti anche i vari documenti presenti nelle teche, i quali avrebbero sicuramente meritato un’attenzione molto maggiore rispetto alle veloci occhiate con cui li ho “scorsi”.
Trincee di guerra che diventano veri e propri muri tra giovani coetanei con gli stessi pensieri e sentimenti divisi soltanto dalla diversa città di nascita.
Gli stessi muri di esclusione, quelli che sono stati alzati nella storia italiana e non solo (ce ne sono molti esempi ancora oggi) alimentati dal razzismo.
A questo proposito inserisco il collegamento al video del trailer di Concorrenza Sleale di Ettore Scola, un film che alcuni studenti di questo corso hanno visto insieme durante una delle ultime lezioni di Storia del Giornalismo:
Canzone di Enrico Ruggeri, Lettera dal fronte
Oggi arriva la posta
e domani c’è doppia razione.
Non sai quanto mi costa
aspettare notizie, pregando che siano buone.
Mi hanno dato una nuova coperta
e riusciamo anche a farci un discreto caffè.
Cinque centesimi, un foglio di carta;
sto bene e così spero di te.
Ta-pum…
Stanotte montavo di guardia
e ho visto una stella cadente.
Mi sembra ci fosse una lacrima
sul volto del signor tenente
e i crucchi cantavano piano
a trecento metri da me.
Vorrei che tu fossi vicino;
sto bene e così spero di te.
Ta-pum…
La pioggia mi è entrata nel cuore
scendendo fino agli scarponi,
ma noi non abbiamo timore
dei lampi seguiti dai tuoni.
Ma quando mi sdraio per terra
con tutto quel fango che c’è,
io sogno finisca la guerra;
sto bene e così spero di te.
E sogno una nuova tradotta
riempita di commilitoni,
che mangiano pane e ricotta
e intonano vecchie canzoni.
E nell’ospedale da campo
i feriti che tornano in sé
e io che non sono più stanco,
sto bene e vengo da te.
Ta-pum…
Ti lascio che arriva già il buio
e qui non si vede già più.
Salutami tutti e rispondi,
raccontami come stai tu.
C’è un coro che mormora piano
la più antica canzone che c’è.
Vorrei che tu fossi vicino;
sto bene e così spero di te.
Ta-pum…
Devo dire di aver apprezzato questa sezione, più evocativa della media. La pur sommaria ricostruzione delle trincee, con tanto di audio e video relativi ai bombardamenti e alle lettere dei soldati, riescono a immergere il visitatore nella giusta atmosfera di inquietudine, quando non angoscia. Niente di meglio di una posa frivola per sdrammatizzare: http://i2.photobucket.com/albums/y24/ScizLor/P1070443.jpg. Scherzi a parte, condivido la delusione riguardo ai binocoli con vista foglie, soprattutto perché non credo si trattasse di una voluta citazione della celebre poesia Ungaretti. Condivido poi l’idea della necessità di una sezione dedicata al fascismo, senza la quale la narrazione della storia italiana risulta inevitabilmente incompleta e carente: il passaggio tra le due sezioni sulle guerre mondiali risulta troppo affrettato. Ho apprezzato le teche contenenti reperti di guerra, come parti d’armi e documenti (tra cui un curioso, ma scarsamente spiegato, “Ricettario di prigionia”: http://i2.photobucket.com/albums/y24/ScizLor/P1070444.jpg).
Tra i vari videogiochi ambientati in questo periodo storico, recentemente mi sono occupato, nelle vesti di giocatore e recensore, del titolo tedesco Supremacy 1914 (http://www.supremacy1914.it), uno strategico gratuito online che sembra piacere molto all’utenza italiana. Il gioco ricrea la situazione geopolitica del 1914 mettendo il giocatore a capo di una nazione europea, americana o africana e incaricandolo di portarla al successo economico e militare. La ricostruzione storica, non perfetta ma abbastanza accurata, è solo la partenza di conflitti ucronici scatenati dai giocatori, ma merita comunque un’occhiata. La mia recensione del gioco si trova sul blog Vasi Comunicanti creato dal mio compagno Daniele, all’indirizzo http://vc-vasicomunicanti.blogspot.com/2011/06/piu-guerra-per-tutti-supremacy-1914.html.
Per quanto mi riguarda, l’isola tematica dedicata alla Grande Guerra rimane la parte più interessante e innovativa dell’intera mostra per diversi motivi. Prima di tutto è l’unica parte che mette radicalmente in gioco il corpo del visitatore : l’interattività non avviene solo su un piano audio-visuale e mediale, ma impone un uso del corpo senza il quale la fruizione dei contenuti non funziona. Se da un lato non si possono scegliere e modificare i contenuti come nel caso dell’isola sulle campagne, costringere il visitatore a piegarsi ed entrare nell’ambiente della trincea sembra produrre un legame intimo con il mezzo audio-visivo che poi anima l’interno della trincea. Infatti è l’unico punto della mostra che assorbe totalmente il visitatore, isolandolo dal contesto generale. Non è tutto: bisogna in questo senso riconoscere che l’uso dell’adio è molto efficace nel creare veri e propri paesaggi sonori tratti dai frammenti di lettere proposte. Mi sembra la seconda grande trovata di questa isola dopo l’uso del corpo : l’esperienza totalizzante del paesaggio sonoro che manca negli altri settori della mostra. Ma un terzo elemento, che però non è di carattere tecnico, è a mio parere decisivo e decisamente unico rispetto a tutto il resto (forse ad eccezione di alcuni frammenti dei brevi filmati dedicati alle vittime della mafia) è la scelta di proporre testimonianze dirette e individuali sul “tema” storico trattato. Andando avanti con la visita mi chiedevo infatti quando e se fosse prima o poi venuta fuori la voce di un italiano, il racconto di un individuo, frammenti di una storia di vita. Sono rimasto un pò deluso infatti da questa “regia” museale molto classica, che non proponeva testimonianze vive, al di qua del quadro istituzionale, dei processi socio-econmici o delle esperienze politiche in generale finché non sono entrato nella trincea e nell’itimità dei significati e dei racconti proposti dalle lettere dal fronte. E’ interessante (ma rimane una riflessione meno museografica) vedere come sia stata la rappresentazione di un momento storico così disumano, cosi critico e traumatico a proporre i contenuti più personali, semplici, intimi. Rimane il fatto che l’esperienza storica della Grande Guerra che fa parte dei fenomeni che hanno unito l’Italia (se ho capito bene la regia della mostra infatti le isole tematiche, diverasamente dalla cronologia a serpente, sono i luoghi in cui si tenta di raccontare e rappresentare i momenti che hanno unito la nazione), attraversato il suo territorio e i suoi confini, è perfettamente resitituito e rappresentato in questa isola fortemente e fisicamente partecipativa, che crea una relazione (AUDIO-visiva e scenografica, anche se l’uso del video è poco spettacolare e meno efficace che in altri settori) molto emotiva con il visitatore.
Devo riconoscere di aver apprezzato particolarmente questa sezione, che a mio avviso è tra quelle maggiormente coinvolgenti ed emozionanti all’interno della mostra; la sensazione che si prova in misura maggiore, come descritto efficacemente nei post precedenti, è di inquietudine e immersione totale nella tematica. Sicuramente la ricostruzione delle trincee e il poterci entrare dentro per ascoltare le lettere dal fronte sono gli elementi che a mio avviso hanno contribuito di più nel ricreare quest’atmosfera. Carina anche l’idea di mettere a disposizione delle radio d’epoca dove si potevano ascoltare, tra l’altro, notizie e discorsi di propaganda.
Alcune mancanze che ho riscontrato sono state l’assenza, in alcuni casi, di indicazioni su quali oggetti fossero delle riproduzioni e quali fossero invece cimeli originali; un’indicazione magari banale, ma che credo andrebbe inserita quantomeno per completezza d’informazione. Inoltre non mi è parso ben chiaro il fatto che i sacchi utilizzati nella ricostruzione delle trincee contenessero delle lettere, quindi forse si poteva esplicitare meglio questa cosa.
Nel complesso mi è sembrata una delle isole tematiche meglio riuscite, sia dal punto di vista emotivo che “informativo”, dopo quella dedicata alle mafie.
Questa sezione è a mio avviso la più interessante e toccante di tutta la mostra. Il fatto di poter entrare nelle trincee ed ascoltare le parole dei soldati mi ha colpita profondamente. Mi sono fermata a lungo ad ascoltare le loro lettere e ho immaginato con tristezza che qualcuno di loro non abbia potuto riabbracciare la mamma, o la moglie, cui chiedeva le calze di lana e un po’ di tabacco. Stesso discorso vale per le lettere inviate da coloro che non vivevano l’orrore della guerra sul campo, ma che sopportavano ogni sorta di privazione in attesa che dal fronte arrivasse qualche buona notizia e magari un piccolo aiuto economico. Mi ha fatta riflettere ancora di più sull’orrore della guerra.
Purtroppo non ho capito che i sacchi contenessero le lettere inviate dal fronte, anche perché l’intera area era praticamente priva di indicazioni; ma nel complesso quest’isola tematica vale la visita all’intera mostra.